Il bene comune

In una cultura individualista, forse più che mai, abbiamo bisogno di imparare dalla lezione che ci ha dato Cristo Re. Siamo i custodi dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. Viviamo l’uno all’ombra dell’altro”, come dice un detto irlandese. Se l’indipendenza va bene, l’interdipendenza è il bene più grande: un cuore gentile e una mano aperta. La situazione dei rifugiati di guerra è stata ben documentata, ma ci sono state e ci sono voci inquietanti che si sono opposte. La runa irlandese sull’ospitalità dice:

Abbiamo visto uno straniero ieri.
Abbiamo messo del cibo nel luogo in cui si mangia,
del bere nel luogo in cui si beve,
della musica nel luogo in cui si ascolta.
E con il sacro nome del Dio trino
Siamo stati benedetti, e la nostra casa,
il nostro bestiame e i nostri cari.
Come dice l’allodola nel suo canto:
Spesso, spesso, spesso va il Cristo
sotto le spoglie dello straniero.

Non si tratta di un’esclusiva irlandese, ovviamente, perché molte culture sanno istintivamente che dobbiamo onorare il cuore dello straniero; dobbiamo riconoscere quanto la persona sia simile a noi; dobbiamo ricordare l’umanità di ogni singolo individuo. Accogliere lo straniero ci benedice e aiuta chi riceve la nostra ospitalità.

Nella famiglia di Dio non ci sono estranei, ma solo parenti o clan, come potremmo dire. La parentela è il sogno di Dio che si realizza. Si tratta di immaginare un cerchio di compassione e poi immaginare che nessuno si trovi al di fuori di quel cerchio. Perché qualsiasi cosa tu faccia con amore ha un valore eterno.

Oggi Cristo Re ci dice: “Quello che fate per gli altri, lo fate per me”.

Tom Cox, Il Messaggero del Sacro Cuore, novembre 2023