La gioia dell’appartenenza

Il percorso verso un futuro migliore, il futuro che Dio desidera per noi, inizia nel cuore umano, nel nostro desiderio di appartenenza. In questi desideri c’è la strada per uscire dalle crisi, nostre e del mondo. Rigenerando i legami che ci legano, vivificandoci per ricevere il dono che è la nostra vita e il nostro mondo, dobbiamo prima conoscere e sperimentare il Donatore, che è già qui, ad aspettarci. Non c’è manuale migliore per questo degli Esercizi spirituali di Ignazio, e non c’è guida spirituale più grande nel nostro tempo di Francesco, il primo Papa gesuita del mondo.

Estratto da First Belong to God : On Retreat with Pope Francis di Austen Ivereigh (p.15)

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Interpretare il momento…

Mancava quella “benedetta consapevolezza che siamo parte gli uni degli altri, che siamo fratelli e sorelle gli uni degli altri”, come ha spiegato Francesco in Fratelli Tutti (32). Questo può essere compreso solo attraverso una lente spirituale. Per Francesco, la chiave della nostra capacità di affrontare e crescere attraverso queste crisi è una triplice appartenenza: a Dio, alla creazione e gli uni agli altri. La perdita del senso di appartenenza a un’unica famiglia umana che fa parte della creazione ha le sue radici nella nostra chiusura nei confronti del nostro Creatore. Il risultato è che non siamo affatto preparati a gestire la transizione verso un futuro migliore.

Estratto da Prima di tutto appartenere a Dio In ritiro con Papa Francesco di Austen Ivereigh (p.14)

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Ogni cristiano è coinvolto in una battaglia che definisce la sua vita.

È una lotta per superare la tentazione di chiuderci in noi stessi, affinché l’amore del Padre possa trovare la sua casa in noi. Quando facciamo spazio al Signore che ci salva dalla nostra autosufficienza, ci apriamo a tutta la creazione e a ogni creatura. Diventiamo canali della vita e dell’amore del Padre. Solo allora ci rendiamo conto di cosa sia veramente la vita: un dono del Padre che ci ama profondamente e desidera che apparteniamo a lui e gli uni agli altri”. Papa Francesco

Estratto dalla prefazione di Papa Francesco a Prima di tutto appartengono a Dio: in ritiro con Papa Francesco di Austen Ivereigh (p.11)

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Tu sei per me

Signore, tu vuoi che il nostro mondo sia un luogo sicuro e accogliente in cui possiamo crescere in pienezza. Anche creiamo confusione in noi stessi e nel nostro fragile mondo, tu sei sempre all’opera per il nostro bene. Ripristina e ricrea ciò che noi roviniamo: questo è ciò che ti tiene occupato! Ciò che infine emergerà sarà la rivelazione della pienezza del tuo amore: non sarà una cernita dei cattivi dai buoni – non ci vuole un dio per farlo – ma, nonostante tutto, la vittoria sui cattivi. Quando tutto sarà compiuto saremo infinitamente amati”. Un’affermazione così coraggiosa di fronte alla violenza, all’odio, alle guerre, agli omicidi e ai tradimenti di ogni genere – tutte le cose brutte della nostra vicenda quotidiana. Questo mi insegna ad essere paziente con me stesso, con gli altri e con tutte le istituzioni, compresa la Chiesa.

Estratto da Io sono infinitamente amato: Un mese di meditazioni di Brian Grogan SJ (P.28)

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Ringraziare

Se fosse l’ultima sera della mia vita e dovessi affrontare una morte terribile, penserei a ringraziare? È più probabile che io sarei un relitto snervato! Se mi trovassi di fronte a migliaia di persone affamate e avessi solo cinque pani e due pesci, mi verrebbe un pensiero di gratitudine? Probabilmente precipiterei nel panico! Gesù ha ringraziato. Questo mi riempie di stupore. È un segno della sua fiducia illimitata nel Padre. Se ringraziate il Padre in una situazione terribilmente difficile, evidentemente vi fidate enormemente di lui. Tutto ciò che Gesù aveva tra le mani era radicalmente insufficiente, ma la gratitudine amorevole di Gesù apre la porta all’abbondanza, perché la sua gratitudine permette alla generosità del Padre di manifestarsi. Se ringraziate quando tutto intorno a voi sta cadendo a pezzi, questo atto di ringraziamento vi aiuta a tenere insieme le cose e a tenere insieme anche voi stessi.

Estratto da Il Padre nostro consapevole di Thomas J Casey SJ (pp.101-102)

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Il linguaggio dei sentimenti

Pregando l’esame di coscienza riflettiamo sui diversi sentimenti che ci suscitano. Consolazione e desolazione non sono stati spirituali rari: sono sentimenti e stati d’animo che invece sperimentiamo continuamente. Spesso ne perdiamo la consapevolezza mentre procediamo con le nostre attività quotidiane. Nell’esame di coscienza osserviamo consolazione e desolazione con attenzione. Dove abbiamo incontrato Dio nella nostra giornata? Lo troviamo in quei momenti in cui ci siamo sentiti felici, gioiosi e in pace. Lo troviamo anche in quei momenti di ansia e tristezza, perché è proprio in quei momenti che abbiamo bisogno di Dio.

Ciò che facciamo ed il corso dei nostri pensieri sono di grande importanza. Ma prima chiediamoci come ci sentiamo. Lì, “nel profondo della nostra affettività”, troviamo lo Spirito Santo che ci muove con forza.

Estratto da Una semplice preghiera che cambia la vita di Jim Manney (pp. 43-44)

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Tu sei l’amore riversato

Signore, è bello chiacchierare e non vedo l’ora di incontrarti. Permettimi di iniziare raccontandoti il mio più bel pensiero su di te. Conosco la bella affermazione di San Giovanni, secondo cui “Dio è amore” (1 Giovanni 3:8; 16). Ma il tuo amore non può essere considerato statico. È sempre riversato, inesauribilmente e abbondantemente. Tu stesso hai usato il termine “versato” nell’Ultima Cena, ho notato. Spesso lo Spirito Santo viene descritto come “riversato” su tutti.

Estratto da Io sono infinitamente amato: Un mese di meditazioni di Brian Grogan SJ (P.10)

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La trasformazione dei fallimenti

Gli errori debbono essere una fonte di apprendimento e di crescita. Gli errori sono occasioni per tornare a Dio in modo sottomesso e certamente umile in cerca del perdono e della forza che egli sempre ci trasmette e che ci aiuta a muoverci su strade migliori. Una delle migliori narrazioni nel Nuovo Testamento sul tema del fallimento si trova nella parabola del Figliol Prodigo, o del Padre che perdona, come viene sempre più spesso conosciuta. Quando il figlio ribelle, che ha realmente combinato un grosso pasticcio, torna dal padre in cerca di perdono per i suoi errori, leggiamo la seguente reazione del padre nei confronti del figlio: “Lo abbracciò e lo baciò”.

Che bello avere un Dio che ci abbraccia e ci bacia quando sbagliamo e chiediamo il suo perdono! E quale modo migliore di essere testimoni della sua presenza nel mondo se non quello di fare lo stesso per gli altri nella nostra vita?

Estratto da Più a fondo nella confusione: Pregare nei momenti difficili di Brendan McManus SJ e Jim Deeds (p.25)

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Come Ignazio di Loyola può aiutarci oggi

Ignazio ci dà indicazioni utili e pratiche su come interpretare i nostri stati d’animo per vivere appieno la vita, valorizzando al meglio i tanti doni che ci sono stati dati. Ci incoraggia a scoprire chi siamo veramente e cosa vogliamo veramente dalla vita. Vuole che, come dice il poeta Walt Whitman, “componiamo la canzone su noi stessi”. Ignazio, che è anche consapevole di quanto nelle circostanze della vita riceviamo dalle mani di un Dio amorevole, ci spinge a considerare i modi più appropriati per restituire parte di ciò che ci è stato dato sostenendo i nostri compagni di viaggio sul cammino della vita, specialmente quelli indeboliti dalle sfide del viaggio.

Estratto da Percorsi di decisione, con Ignazio di Loyola di Jim Maher SJ (p.8)

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Ricorda che sei amata …

Nell’essenza degli Esercizi Spirituali troviamo la relazione con Gesù e la consapevolezza che Gesù ha sofferto ed è morto per me personalmente. Questa consapevolezza cambia tutto: rendersi conto di essere amati e di valere la pena di morire è liberatorio e trasformativo. A volte ci vuole un grande evento esistenziale o un momento di crisi per rendersi conto di questa fondamentale intuizione cristiana, cioè che ci sono limiti a quello che riusciamo a fare con le nostre forze ed al nostro ego e che la libertà consiste nel donarsi totalmente a questo Dio d’amore.

Estratto da Fratelli in armi di Brendan McManus SJ (p.71)

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